ALLA SCOPERTA DEI SEGRETI DI PALAZZO DUCALE 5 capolavori del gioiello dell’architettura veneziana

Coloro che hanno visto Venezia ma non sono stati al Palazzo Ducale, hanno visto uno spettacolo ma non sono stati dentro il teatro

In questa articolo esploreremo insieme uno dei massimi capolavori dell’architettura di Venezia:

  • Palazzo Ducale

da tempo immemore e per lunghissimi secoli luogo del potere politico e amministrativo della Serenissima.

Ci addentreremo nei meandri delle sue mura gotiche e rinascimentali, per ammirare luoghi portentosi e opere d’arte eccelse contenute nel ventre del Palazzo.

Non perdere il filo: nell’articolo li scopriremo insieme uno ad uno.

Storia e architettura

Prima di partire alla scoperta di cinque tra i mille capolavori qui presenti, è d’obbligo qualche parola sulla storia e l’architettura.

Siamo nel cuore della cosiddetta area marciana: il centro pulsante di Venezia dove, uno accanto all’altro, troviamo i maggiori edifici e luoghi storici della città lagunare come piazza S. Marco, la Basilica di S. Marco, il Campanile, le Procuratie, la Biblioteca sansoviniana.

In questo luogo dal fascino infinito troviamo anche il Palazzo Ducale, che ha attraversato quasi per intero la storia della Serenissima: dal IX secolo d.C. all’anno 1797 – caduta della Repubblica – è stato contemporaneamente la sede del Governo, la residenza del Doge ed il Palazzo di Giustizia (con prigione annessa).

Nell’anno 810 il doge dell’epoca, Angelo Partecipazio, decide di spostare la sede del governo della Serenissima nella zona dell’attuale palazzo, a ridosso del bacino lagunare di S. Marco.

La storia dell’edificio è una storia di incendi distruttivi e successive ricostruzioni.

Molto probabilmente in epoca medievale il palazzo si presentava come una vera e propria fortezza, una sorta di castello con muraglioni e torri angolari. L’ennesimo incendio spazza via la rocca fortificata.

La ricostruzione inizia negli anni ’70 del XII secolo e i lavori di ampliamento ed aggiustamento continuano quasi senza sosta per i decenni successivi mentre il palazzo assume la forma quasi definitiva solo verso la metà del XIV secolo.

Capolavoro dell’architettura gotica veneziana – ma non mancano certo gli inserti rinascimentali, manieristi e barocchi –, l’edificio a primo impatto dà un senso di straniamento in chi lo osserva, perché i rapporti architettonici sono sostanzialmente rovesciati: il porticato ed il loggiato – leggeri ed aerei – sorreggono la compatta massa muraria del piano superiore.

Il Palazzo è formato da tre blocchi che si articolano intorno ad un vasto cortile. Guardali in questa immagine.

Puoi osservare:

  • a sud, l’ala verso il bacino di S. Marco che ospita la Sala del Maggior Consiglio;
  • a ovest, l’ala verso la Piazzetta con la Sala dello Scrutinio;
  • a est, l’ala rinascimentale che affaccia sul canale – il cosiddetto Rio di Palazzo – con la residenza del doge e gli uffici della giustizia.

A nord, invece, il palazzo confina direttamente con la Basilica di San Marco.

O meglio, tra l’ala ovest e la basilica si apre la Porta della Carta. Passando attraverso questa porta ti ritrovi nell’androne Foscari, che termina con l’arco Foscari, arco trionfale a tutto sesto contiguo alla celeberrima Scala dei Giganti.

E questo monumentale scalone è la prima meraviglia di cui voglio parlarti.

1 di 5: la Scala dei Giganti

Nell’anno 1483 un altro incendio aveva devastato gli appartamenti del doge sull’ala che affaccia sul Rio di Palazzo, a est. I lavori di ristrutturazione vengono affidati ad Antonio Rizzo che introduce nell’edificio il nuovo linguaggio rinascimentale.

In questa occasione, tra il 1483 e il 1491, viene costruita la Scala dei Giganti come ingresso d’onore alla residenza del doge.

Ma da dove deriva questo nome singolare?

I giganti in questioni sono le colossali statue in marmo di Marte e Nettuno, opera di Jacopo Sansovino, collocate, nel posto che occupano ancora oggi, nell’anno 1576.

Visto che nulla era lasciato al caso nell’esaltazione del buon governo della Serenissima, le statue degli antichi Dei simboleggiavano rispettivamente la potenza militare e marittima della Repubblica di Venezia.

Questo luogo è l’emblema del potere di Venezia: qui veniva incoronato il Doge, massima carica dello stato veneziano e l’unica a durare a vita.

Il rituale era questo: il consigliere più giovane gli porgeva il camauro mentre quello più anziano – al grido di “accetta la corona del Ducato veneziano” – lo incoronava con la Zogia, il prezioso corno ducale riccamente decorato.

2 DI 5: LA SALA DEL MAGGIOR CONSIGLIO​

Fu un altro incendio divampato nella vicina Sala dello Scrutinio a distruggere la sala dove si riuniva l’assemblea più importante della Repubblica di Venezia: il Maggior Consiglio, costituito dai numerosi rappresentanti della nobiltà veneziana.

Lo spazio assembleare fu prontamente ricostruito mentre il ricco apparato decorativo e pittorico fu affidato alle sapienti mani di artisti del calibro di Paolo Veronese, Jacopo Tintoretto e Palma il Giovane.

La Sala del Maggior Consiglio ha dimensioni straordinarie con i suoi 53 metri di lunghezza per 25 di larghezza ed occupa quasi per intero il secondo piano del fronte sud dell’edificio – quello che affaccia verso il bacino di S. Marco.

La sala è alta ben 12 metri – come un edificio di 4 piani per intenderci – e l’enorme soffitto si mantiene miracolosamente senza l’aiuto di pilastri e colonne, ma grazie a un intricato sistema di travature e tiranti presenti al di là del soffitto stesso.

Sia alle pareti che al soffitto i dipinti e le decorazioni hanno lo scopo di esaltare la storia di Venezia.

Appena sotto il soffitto e lungo tutta la sala, corre un fregio con la raffigurazione dei dogi della Repubblica dall’anno 804 d.C. al 1556. La rappresentazione di uno di loro, doge Marin Faliero, è però sostituita con un drappo nero: è il simbolo dell’oblio a cui la città scelse di destinarlo, a seguito del suo tentativo di colpo di Stato, che gli procurò la condanna a morte e la damnatio memoriae.

3 DI 5: IL PARADISO DI JACOPO TINTORETTO​

L’apparato decorativo della Sala del Maggior Consiglio raggiunge l’apice nell’enorme dipinto che occupa per intero la parete est.

Prima dell’incendio del 1577, questa parete era ornata con un affresco in stile gotico-cortese del pittore padovano noto con il nome di Guariento.

Dopo l’incendio, nel 1582, per la decorazione della parete la Repubblica bandì un concorso a cui parteciparono tutti i grandi pittori dell’epoca. Il concorso fu vinto da Paolo Veronese che però morì nel 1588 senza aver iniziato il dipinto.

Il testimone allora passò a Jacopo Tintoretto che, con l’aiuto del figlio Domenico, realizzò l’immenso dipinto in soli quattro anni di attività terminando il tutto nell’anno 1592.

L’incoronazione della Vergine in Paradiso, nota semplicemente come il Paradiso, è un dipinto su più tele dalle colossali dimensioni di 22 metri di lunghezza per 7 di altezza. Ancora oggi adorna la parete est della Sala, quella dove veniva posto il trono del doge durante le affollatissime assemblee del Maggior Consiglio.

Il Paradiso del Tintoretto
Il Paradiso del Tintoretto#google images

4 DI 5: LA SALA DELLO SCRUTINIO​

La storia della Sala dello Scrutinio è fortemente legata a quella della vicina Sala del Maggior Consiglio.

Originariamente questo spazio – che occupa il secondo piano dell’ala verso la Piazzetta – era denominato la Libreria, in quanto ospitava rari e preziosi manoscritti. Con la realizzazione della Libreria sansoviniana, la sala fu utilizzata sempre più frequentemente per ospitare le complesse funzioni di voto che si tenevano anche nell’attigua Sala del Maggior Consiglio.

Anche qui l’apparato decorativo odierno è quello realizzato dopo l’incendio del 1577. Alle pareti sono rappresentate le battaglie più importanti della storia di Venezia: non può certo mancare la celeberrima battaglia di Lepanto del 1571 dove i veneziani – alleati con gli spagnoli e lo Stato pontifico – ebbero la meglio sulla pericolosa flotta dell’Impero Ottomano.

5 DI 5: IL PONTE DEI SOSPIRI​

Il Palazzo Ducale è la sede del Governo della Serenissima e la dimora del doge.

Ha però avuto anche un’altra funzione fondamentale nel corso della sua millenaria storia: quella di Palazzo di Giustizia.

Sempre nell’ala est, quella verso il Rio di Palazzo, trovavano posto anche le celle di detenzione. Queste erano di due tipi: le prime erano note come i Pozzi – piccole stanze umide e buie negli interrati dell’edificio – mentre le altre erano i Piombi, ricavate nel sottotetto proprio sotto la grande copertura con i tetti in piombo.

Nei piombi, che avevano una dimensione più “umana” dei pozzi, nel ‘700 fu incarcerato anche il celeberrimo Giacomo Casanova: l’avventuriero veneziano riuscì a fuggire dalla prigionia e nel 1788 narrò le gesta della sua rocambolesca evasione in un libro che divenne famoso in tutta Europa.

A metà del ‘500 si resero necessari spazi maggiori per la detenzione dei criminali della Serenissima: al di là del Rio di Palazzo, si decise di costruire un edificio destinato esclusivamente a luogo di detenzione. Nacquero così le Prigioni Nuove, uno dei primi esempi europei di carcere nel senso moderno del termine.

I magistrati che giudicavano gli imputati rimanevano però nelle sale al di qua del canale: per questo motivo nel 1614 venne costruito il celeberrimo Ponte dei Sospiri, così da collegare agevolmente il Palazzo Ducale con le Prigioni Nuove.

Il nome che è stato affibbiato al ponte è dovuto ai sospiri di rassegnazione dei carcerati, che uscendo dal Palazzo di Giustizia si incamminavano tramite il ponte verso la cella alla quale erano stati destinati all’interno del carcere.

La candida mole del Palazzo Ducale e il Ponte dei Sospiri, con la sua straziante malinconia, insieme agli altri capolavori dell’area marciana, hanno toccato le corde di tanti viaggiatori e scrittori.

Non per ultimo Thomas Mann nelle pagine del libro Morte a Venezia:

“Ed ecco egli rivide l’ineguagliabile approdo, l’allucinante composizione di architetture fantastiche che la Serenissima offre allo sguardo incantato del navigante in arrivo: lo splendore leggero del Palazzo Ducale e il Ponte dei Sospiri, le colonne col Leone e il Santo sulla riva, la gloria dell’ala avanzata del tempio fiabesco, lo scorcio dell’arco con l’orologio dei Mori; e guardando, si disse che giungere a Venezia per terra, dalla stazione, era come entrare in un palazzo dalla porta di servizio, e che solo così, per nave, dal mare aperto, bisognava accostarsi alla città fra tutte la più inverosimile”.

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