A Carditello il mito della Campania felix e dell’autosostenibilità trova la sua più concreta realizzazione. Questo sito fu l’unico che per la sua struttura ben organizzata riuscì a garantirsi con i suoi introiti una certa autonomia, senza ricorrere al sostegno delle casse reali
Maria Carmela Masi Tweet
Oggi ci dirigiamo nel cuore della provincia di Caserta per visitare la:
- Reggia di Carditello.
La storia della Reggia di Carditello è una tremenda sequenza di episodi di incuria, abbandono e depredazioni. La sua storia va di pari passo con quella di questo angolo del sud Italia. Ostaggio della malavita organizzata, degli sversamenti illeciti di rifiuti e di un degrado generalizzato.
Ma quella della Reggia di Carditello è anche una storia di tenacia e perseveranza. Della risolutezza di alcune persone che, lottando contro i mulini a vento, hanno saputo donare una nuova dignità a questo monumento e al suo paesaggio.
Alla fine dell’articolo, ricorderemo una persona speciale che in tempi recentissimi ha fatto tanto per salvaguardare da morte certa l’incredibile sito borbonico.
Ma le razzie della Reggia di Carditello non sono esclusivamente un fatto recente. Anche in epoca storica, il casino reale fu oggetto di feroci saccheggi. Era il tempo in cui il regno di Ferdinando IV di Borbone sul sud Italia era messo a repentaglio dai francesi rivoluzionari.
La Reggia di Carditello: fuga per la salvezza
Golfo di Napoli, dicembre 1798.
Il re Ferdinando IV si affaccia per l’ultima volta sul ponte della nave. Napoli è ormai lontana, sta scomparendo dalla sua vista come neve al sole. O forse è un incubo quello che sta vivendo il re. Il suo regno in mezzo al mare sta per cadere sotto i colpi dei francesi che, novelli barbari, non risparmiano nulla al loro passaggio.
Il pensiero di Ferdinando vola per un attimo a Carditello, quel luogo delizioso nella fertile pianura vicino Caserta. Ricorda i boschi dove si divertiva a cacciare, i cavalli di razza che scorrazzavano nei campi, i contadini arsi da sole ma felici per il raccolto abbondante.
Aveva voluto fortemente la Reggia di Carditello e non solo per andare a caccia. Caserta e la sua imponente reggia dovevano avere un luogo produttivo a pochi passi. Dove rifornirsi continuamente di prodotti agricoli, latticini, formaggi, cacciagione e di altri mille prodotti della terra.
Visto che non poteva spostarlo di peso, Ferdinando aveva fatto caricare sulla nave alcuni arredi provenienti dal “real sito”. I quadri che ornavano le pareti della sua residenza di campagna, le tappezzerie, addirittura il letto in mogano.
Mentre lui salpava portando con sé questi oggetti, i francesi a sua insaputa (o forse poteva immaginarlo?) facevano scempio della Reggia di Carditello. Come si suol dire, i danni furono incalcolabili. E il saccheggio del sito borbonico sarà solo il primo di una lunga serie.
Una seconda devastazione vide protagonista il “real sito” già nel 1806. Sono sempre i francesi a perpetrarlo tramite le truppe napoleoniche. Ferdinando, che nel frattempo era ritornato a Napoli, fu costretto a fuggire in Sicilia per la seconda volta.
La storia si ripeteva e con lei la distruzione della Reggia di Carditello. Ma Carditello sarebbe risorta innumerevoli volte dalle proprie ceneri.
LA REGGIA DI CARDITELLO: UNA Breve descrizione
Nell’anno 1773 moriva a Caserta Luigi Vanvitelli, l’architetto dei Borbone artefice della maestosa Reggia di Caserta.
Ma con il Vanvitelli non moriva di certo la sua visione progettuale che continuò ad influenzare l’attività dei suoi discepoli. Quella del figlio Carlo che portò avanti l’opera paterna nel palazzo casertano. E quella di Francesco Collecini, architetto romano e suo maggior allievo, che aveva già dato prova di sé con alcuni mirabili interventi all’interno del Parco.
I lavori della Reggia di Carditello presero il via tra il 1784 e il 1787, proprio sotto la direzione di Francesco Collecini.
La struttura è composta da un corpo centrale a due piani – la palazzina reale – ai cui lati si innestano 8 capannoni (quattro per lato) intervallati da altrettante torri. I capannoni erano destinate a stalle mentre il piano superiore delle torri ospitava fattori, contadini e il personale di servizio.
La connessione fisica tra l’edificio reale e gli spazi dedicati alla produzione e al ricovero degli animali, permetteva al re di raggiungere rapidamente tutti gli ambienti del sito. E in questo modo, il re faceva sentire la sua vicinanza (o il suo controllo) ai dipendenti della fattoria reale.
Davanti all’edificio si apre una imponente pista di forma ellittica con due obelischi posizionati nei fuochi dell’ellisse e un piccolo tempio circolare al centro. L’enorme piazza in terra battuta era destinata ad accogliere il popolo per assistere alle corse dei cavalli di razza, il cui allevamento era uno dei grandi vanti dei Borbone.
L’allestimento dell’appartamento reale, che occupa il primo piano del corpo centrale, fu affidato a Jakob Philipp Hackert – pittore di corte della casa regnante.
Oggi, dopo l’infinita sequenza di spoliazioni, si può ammirare ancora in opera l’affresco che celebra il casato dei Borbone. Questo decora la volta della Galleria – l’ambiente principale dell’appartamento reale della Reggia di Carditello.

La fattoria borbonica
Nel 1792 la Reggia di Carditello risultava già terminata e in fervente attività.
Non dimentichiamo che la Reggia di Carditello nasceva sin da subito con due precisi intenti. Da una parte, doveva svolgere la funzione di luogo di piacere per la corte borbonica. E di svago per il re che avrebbe potuto in tal modo dedicarsi anima e corpo alla caccia, il suo passatempo preferito.
L’altro obiettivo del sito reale era quello di diventare il punto nevralgico della produzione agricola delle fertili campagne di Terra di Lavoro. Carditello veniva alla luce come una vera e propria “fattoria illuminata”.
Negli svariati ettari che si estendevano intorno al “real sito” venivano prodotti notevoli quantità di derrate agricole. Le stesse venivano poi smerciate nei principali mercati della zona, da Caserta fino a Napoli.
Ma il fiore all’occhiello della tenuta restava l’allevamento degli animali, in particolare cavalli, vacche e bufale. Se i cavalli venivano allevati per selezionare una razza di pregio utile per la caccia, le corse e le parate, i bovini erano il fulcro dell’industria casearia. L’enorme quantità di latte prodotta nelle stalle della Reggia di Carditello veniva sapientemente lavorata per dar vita a formaggi “tipo parmigiano”. Il latte di bufala serviva, invece, per la produzione delle mozzarelle, una tradizione che ancora oggi rappresenta un prodotto di eccellenza della regione Campania.
Questa fervente industria rurale permetteva alla Reggia di Carditello di autosostenersi e di non gravare sulla corona e men che meno sulle tasche dei contribuenti.
Ma l’idillio durò pochissimi anni. Nel 1799, mentre il re scappava in Sicilia, le truppe francesi saccheggiavano una prima volta la Reggia di Carditello. Si dava così inizio a quella storia di depredazioni che si è perpetuata fino ai giorni nostri.
L’angelo di Carditello
Dopo la fine del regno delle Due Sicilie, inizia per il sito borbonico un lento ed inarrestabile periodo di declino. Declino che si trasformerà poi in degrado e abbandono totale.
Arrivando ai giorni nostri, negli ultimi decenni del XX secolo questo luogo straordinario è stato completamente lasciato al suo destino. Aggredita all’esterno con una azione di inquinamento ambientale al contorno senza precedenti. E saccheggiata all’interno per portare via quel poco che si era salvato.
I fatti hanno preso una piega positiva solo nei primi anni del nuovo millennio anche se l’azione di tutela degli enti pubblici è arrivata decisamente in ritardo. Per fortuna, nel 2004 il “real sito” è stato vincolato dalla Soprintendenza. Nel 2013, si è provveduto a tutelare a livello paesaggistico l’intero perimetro del sito borbonico. Mentre, nel 2014 la Reggia di Carditello è stata acquisita dal MIBACT (oggi Ministero della Cultura).
Molte persone, negli ultimi anni, si sono spese per far rinascere a nuova vita questo luogo eccezionale. Associazioni civiche, comuni cittadini, esponenti della Soprintendenza, studiosi e ricercatori.
Ma in particolare ci preme ricordare la memoria di Tommaso Cestrone, contadino della zona conosciuto da tutti semplicemente come l’angelo di Carditello. Perché in maniera del tutto volontaria si prendeva cura di questo gioiello del ‘700 ripulendolo dalle erbacce e dai rifiuti. E per tale azione civica, nel corso del tempo, non sono mancati nei suoi confronti atti intimidatori.
Purtroppo, venuto a mancare anzitempo nel 2013, Tommaso non ha potuto assistere alla rinascita (parziale) della Reggia di Carditello. Una rinascita che forse non sarebbe stata possibile senza la tenacia di Tommaso Cestrone, uomo d’altri tempi e per sempre angelo di Carditello.