La chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma: parte seconda Il Barocco e Bernini

Come in un processo di onde concentriche, dalla cappella familiare il rinnovamento si allarga all’interno della chiesa; da lì alla facciata, quindi alla scalinata che propaga la rifigurazione alla porta di città e finirà con l’indurre il rifacimento in chiave mariana (e chigiana) dell’intera piazza

Nel primo articolo dedicato alla:

abbiamo ammirato l’architettura e le opere d’arte del periodo rinascimentale.

Ma la potenza artistica della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma non si ferma al ‘400/’500. Continua nel corso dei secoli e nel ‘600 tocca un altro punto altissimo per la storia dell’arte.

Prima di immergerci nei fasti e nella scenografia barocca della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, è doveroso il nostro consueto excursus storico.

Questa volta parleremo dell’ingresso a Roma di una sovrana europea. Un fatto all’apparenza innocuo ma che in realtà portava con sé uno sconvolgimento non indifferente a livello politico e sociale.

Ma chi è la regina che entrò a Roma con tutti gli onori della corte papale? Quale papa macchinò il tutto per un ritorno politico e d’immagine senza precedenti? E che riflessi ebbe questo gesto nella politica europea del tempo?

Scopriamolo insieme nei prossimi paragrafi.

La chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma: l’entrata solenne in città

Roma, 23 dicembre 1655.

Quel giorno la città eterna era attraversata da un’aria elettrica ed adrenalinica. Roma era un autentico turbinio di persone, un andirivieni frenetico di cavalli, carrozze e carretti di ogni tipo.

Le donne e gli uomini del popolo avevano indossato i vestiti più belli. Dalle case e dai palazzi sventolavano arazzi, bandiere e drappi dalle fogge più svariate. Le strade erano state ripulite a fondo e addobbate a festa. Certo, mancavano pochissimi giorni al Natale ma non erano solo le festività natalizie ad innescare questo vortice di suoni, colori ed emozioni.

Si attendeva l’arrivo di una persona. Ma chi poteva essere questa persona per accendere gli animi dei romani in tal modo? Certamente qualcuno di importante, una donna molto importante. Forse una regina?

Finalmente, la donna venuta dal nord fece il suo ingresso in città. Quando attraversò la Porta del Popolo, per un secondo tutto questo frastuono si placò. Fu un secondo solo, un attimo fugace in cui tutti sembrarono trattenere il fiato. L’aria quasi si fermò al cospetto magnifico e regale della donna sulla scenografica carrozza d’argento progettata niente di meno che da Gian Lorenzo Bernini.

Lo smarrimento durò solo un instante. Poi l’esplosione del popolo fu incontenibile. Urla, canti, stornelli, suoni di tamburi, esplosione di mortaretti, spari di moschetti. Mentre la donna proseguiva la sua “cavalcata” scortata da nobili e alti prelati, la festa coinvolse come uno spasimo l’intera città.

L’entrata solenne dalla Porta del Popolo della donna fu un vero trionfo. Un evento mediatico come diremmo oggi. Ma chi era la donna che quel giorno del 23 dicembre 1655 fece il suo ingresso in pompa magna in città? E soprattutto chi fu il “regista” di questo evento indimenticabile?

La regina venuta dal nord

La donna era la regina Cristina di Svezia. Figlia del grande re Gustavo, Cristina guidò per decenni il paese nordico dopo la morte del padre.

Ma la regina nel 1654 fu attraversata da una profonda crisi religiosa che la portò ad abbandonare il protestantesimo per abbracciare la fede cattolica. Cristina era stata costretta, quindi, ad abdicare in favore del cugino ma ciò non la spogliava dell’inalienabile diritto di regina. Quando Cristina entrò a Roma l’anno dopo, vi entrò trionfalmente come regina di Svezia.

Sempre nel 1655, Fabio Chigi veniva eletto al soglio di Pietro con il nome di Alessandro VII. La conversione al cattolicesimo della regina protestante era un’occasione “politica” troppo ghiotta per non essere sfruttata dal nuovo pontefice.

Il papa seppe mirabilmente trasformare il viaggio verso Roma di una nuova pellegrina nell’esaltazione e nel trionfo della chiesa cattolica sullo scisma luterano. Un viaggio che culminò con l’ingresso trionfale di Cristina di Svezia a Roma, tra le braccia del pontefice, sotto la Porta del Popolo.

Un fatto storico che, come vedremo alla fine dell’articolo, è ancora impresso nell’attico della Porta del Popolo.

Il Barocco regna sovrano

Nel primo articolo dedicato alla chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, abbiamo visto gli artisti e gli interventi rinascimentali all’interno e all’esterno della basilica.

Ma anche riferendoci al periodo barocco e proto-barocco, i nomi degli artisti che si incontrano nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma sono leggendari. Caravaggio, Annibale Carracci, Alessandro Algardi, Carlo Maratta.

La chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma conserva al suo interno la celeberrima cappella Cerasi. Dove puoi ammirare la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro, opere eccezionali del pittore maledetto per antonomasia: Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Le tele di Caravaggio fiancheggiano poi una straordinaria pala d’altare: “l’Assunzione di Maria” di Annibale Carracci.

Nella teatrale cappella Cybo, progettata dall’architetto Carlo Fontana, troviamo esposta sulla parete di fondo la “Concezione della Vergine” di Carlo Maratta.

E poi lui, il principe del Barocco. Uno degli artisti più grandi, rivoluzionari e prolifici dell’intera storia dell’arte: il cavalier Bernini. La cui opera scenografica invade, ma in maniera rispettosa, ogni interstizio della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma.

E con l’ingresso del Bernini nel cantiere della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, il filo della narrazione si riannoda con l’evento storico descritto all’inizio dell’articolo. Già, perché l’intervento di Bernini è reso possibile dal mecenatismo di monsignor Fabio Chigi. Quello stesso Fabio Chigi che, come papa Alessandro VII, architettò l’ingresso a Roma della regina Cristina di Svezia.

La cappella Chigi: un sodalizio tra mecenati e artisti

L’ultimo grande momento vissuto dalla chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, vede protagonista proprio Fabio Chigi. Il quale, intorno alla metà del ‘600 e in piena età barocca, interviene qui con l’ausilio di Gian Lorenzo Bernini. E la chiesa quattrocentesca si arricchisce di un manto barocco che si adagia rispettoso sulle pre-esistenze rinascimentali.

Il sodalizio tra mecenate e artista si compie prima di tutto nella cappella Chigi. E solo in un secondo momento si estende all’intera chiesa – di cui il Chigi divenuto cardinale ne ottiene la titolarità nel 1652.

Nella cappella Chigi della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, si realizza una curiosa sovrapposizione tra mecenati di famiglia e grandi artisti. Il rapporto tra Fabio Chigi e Bernini riporta subito alla mente quello intercorso precedentemente tra Agostino Chigi (celebre antenato di Fabio) e Raffaello Sanzio.

Il ricchissimo banchiere senese Agostino, nei primi decenni del ‘500, chiamò Raffaello ad intervenire nella celeberrima Villa Farnesina a Roma. E qui il pittore urbinate affrescò uno dei capolavori assoluti del Rinascimento: la Galatea.

Il rapporto tra i due continuò anche all’interno della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. Qui, infatti, Agostino commissionò a Raffaello la progettazione della cappella funeraria di famiglia.

Nella cappella Chigi si fonderanno indissolubilmente Rinascimento e Barocco nell’opera di due titani della storia dell’arte: Raffaello e Bernini.

La cappella Chigi: un dialogo tra Rinascimento e Barocco

Oltre alla spazialità geometrica e alla purezza della pianta centrale, oggi non è facilissimo distinguere la mano di Raffaello all’interno della cappella Chigi.

Al periodo rinascimentale risalgono sia la pala d’altare di Sebastiano del Piombo che la statua di Giona dello scultore Lorenzetto, posta a sinistra guardando l’altare. E ancora la statua del profeta Elia di Raffaello di Montelupo, sul lato destro dell’ingresso.

Di mano del Bernini sono le statue del profeta Abacuc (a destra guardando l’altare) e del profeta Daniele (sul lato sinistro dell’ingresso). Sui lati della cappella, troviamo invece i monumenti sepolcrali a forma piramidale di Agostino Chigi e del fratello Sigismondo – posti uno di fronte all’altro.

All’opera del Bernini è riconducibile il disegno del pavimento con lo scenografico scheletro alato a reggere lo stemma della famiglia Chigi. Le lettere maiuscole della scritta “Mors aD CaeLos”, appena sotto lo scheletro, sembrano formare il numero romano MDCL e cioè anno 1650. Alcuni studiosi hanno evidenziato la possibilità che la scritta originaria fosse in realtà: “Mors aD CaeLos Iter”. In questo modo le lettere maiuscole formano un numero romano che corrisponde al 1651, anno in cui Fabio Chigi ritorna a Roma nelle vesti di segretario di Stato.

Sia come sia, il disegno della botola sul pavimento corrisponde al sovrastante oculo della cupola. E ciò permette al Bernini, se ce ne fosse ancora bisogno, di ribadire lo spazio centrico di matrice rinascimentale ideato da Raffaello.

Dalla chiesa del Popolo alla Porta del Popolo

Il rinnovamento della cappella di famiglia si propaga, in un secondo momento, all’intera chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma.

Tra gli interventi più decisi del Bernini, rispetto all’impianto rinascimentale, va menzionata l’imponente cornice trabeata nella navata centrale. Su di essa sono sdraiate le scenografiche figure di Vergini che a coppie di due sorreggono idealmente le finestre che illuminano la navata stessa.

Sulla sommità dell’arcone, tra navata centrale e crociera, due Vittorie alate e sdraiate reggono lo scudo araldico del pontefice Alessandro VII Chigi.

Le pale del transetto sinistro e di quello destro vengono affiancate da esuberanti figure angeliche che, nel rispetto della fantasia barocca, emergono dal fondo invadendo lo spazio dell’estasiato osservatore.

La forza propulsiva del Barocco tracima dai limiti della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma e si riversa come uno tsunami all’esterno della basilica stessa.

In questo senso va riletto il ridisegno della porta del Popolo, ancora una volta opera di Gian Lorenzo Bernini per incarico di Fabio Chigi. All’interno del tondo, posto sulla sommità della porta, viene inserito lo stemma di famiglia dei Chigi: la stella al di sopra dei monticelli.

Mentre nella scritta dedicatoria dell’attico, viene ricordato – udite udite – il celebre ingresso a Roma della regina Cristina di Svezia.

Legando indissolubilmente i suoi successi politici al mecenatismo artistico, il papa Alessandro VII chiude in bellezza l’opera di rinnovamento iniziata qualche anno prima nella cappella di famiglia.

Un’opera che “come in un processo di onde concentriche” era partita dalla cappella Chigi. E si era andata, man mano, estendendo alla chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma e infine alla piazza e alla contigua porta.

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Pablo Picasso

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