Nell’approssimarsi del terzo anno dopo il Mille, su quasi tutta la terra, ma soprattutto in Italia e in Gallia, si videro restaurare e rinnovare le chiese; (…) Si sarebbe detto che il mondo stesso, scrollandosi di dosso le spoglie della vecchiaia, si fosse rivestito di un bianco mantello di chiese
Rodolfo il Glabro Tweet
Oggi ti parlerò di una chiesa importantissima per lo sviluppo dello stile romanico in Italia:
- il Duomo di Modena
e dell’epopea artistica dei due maggiori artefici di questo monumento:
- l’architetto Lanfranco
- e lo scultore Wiligelmo.
L’enfasi sui nomi dei due artisti non è casuale. Il Duomo di Modena – sito UNESCO dal 1997 con la Torre Civica e Piazza Grande – è uno degli emblemi dell’architettura romanica dove emergono dalla coltre della storia i nomi dei suoi protagonisti.
A partire dal mondo antico e dopo la “parentesi medievale”, è uno dei primi casi in cui vengono tramandati i nomi degli artisti con tutti gli onori del caso.
Il Duomo di Modena: l’architettura romanica prende forma
Quello che viene definito ancora oggi romanico, è uno stile che inizia a prendere forma in Europa ed in particolar modo in Francia nel secolo XI, quando il vecchio continente sulla spinta riformatrice degli ordini monastici inizia a costellarsi di “una bianca coltre di chiese”.
Lo stile penetra anche in Italia e si propaga con forza specie nell’area della pianura padana: sui manuali si parla sovente di romanico lombardo proprio per indicare la sua declinazione in questa specifica area geografica.
E il Duomo di Modena risente di questa magistrale opera prima anche se la Cattedrale della città emiliana presenta sin da subito un carattere proprio in cui lo stile romanico lombardo viene rivisto alla luce di un nuovo equilibrio progettuale.
Un equilibrio progettuale che deve molto alla mano del suo progettista. Andiamo a vedere insieme l’architetto all’opera in una fase molto delicata del cantiere.
Cronache da una costruzione architettonica
Modena, anno 1106.
La costruzione del nuovo Duomo di Modena è iniziata da qualche anno e i lavori vanno avanti molto velocemente.
Ma ad un certo punto, si pone un problema che sarebbe eufemistico definire delicato: è necessario spostare nella nuova cripta i resti mortali di San Geminiano, l’amatissimo e veneratissimo santo patrono della città.
Tra lo stupore e l’attesa generale, alla delicata operazione soprintendono tutte le figure di primo piano del potere religioso e temporale della città.
Ma accanto a loro è presente un personaggio che sembra non avere nulla a che fare con la classe dirigente.
Chi è questo uomo che con piglio e decisione si muove a suo agio tra i potenti? Voci di corridoio dicono che fosse addirittura un forestiero.
Ecco lo riconosciamo dal suo elegante cappello.
È l’architetto Lanfranco, il capomastro che era stato chiamato a Modena per fare l’impresa e che per le sue capacità tecniche e progettuali venne definito mirabilis artifex.
Tutto ciò ci è noto dalle pagine del codice noto come Relatio, una sorta di cronaca dettagliata delle vicende iniziali della costruzione dell’edificio sacro dal 1099 (anno di inizio dei lavori) al 1106 (anno in cui viene spostato il corpo del Santo).
Qui si legge di come tutti i cittadini e l’entourage religioso decisero di edificare il nuovo Duomo di Modena per sostituire quello precedente.
Qui apprendiamo della ricerca dell’architetto e dell’affidamento del progetto a tale Lanfranco, uno straniero che si dimostrò validissimo e all’altezza dell’incarico ricevuto, tanto da essere celebrato da tutto il popolo per il suo acuto ingegno.
L’architettura del Duomo di Modena
Il Duomo di Modena è dedicato a San Geminiano, il santo protettore le cui reliquie sono conservate in un’urna custodita nella cripta della Cattedrale della città.
In una lapide commemorativa posta all’esterno dell’abside è riportata la data di inizio dei lavori di costruzione del tempio cittadino: 9 giugno 1099.
La forma del Duomo di Modena è lineare e razionale.
La pianta rettangolare è suddivisa in tre navate che terminano in tre absidi semi-circolari. Le navate sono suddivise da un sistema alternato di pilastri e colonne. Al di sopra delle navate laterali si imposta il matroneo (spazio dedicato ad accogliere le donne) che però in questo caso è del tipo non praticabile ed ha quindi una funzione squisitamente strutturale.
All’esterno su tutti i lati del Duomo di Modena si ripete, come elemento unificante, il motivo della loggia a trifora (sorta di finestra suddivisa in tre parti da due esili elementi verticali). Le logge si trovano anche nella parte superiore della facciata principale, perfettamente tripartita in corrispondenza delle tre navate interne.
Lanfranco: mirabilis artifex
La descrizione architettonica serve a dimostrare che il Duomo di Modena ha un eccelso equilibrio compositivo nella stretta relazione tra interno esterno e fra elementi strutturali e decorativi.
Che significa ciò?
Significa che dietro questo progetto mirabile si cela la mano di un unico progettista.
Il Duomo di Modena è una delle prime costruzioni romaniche per le quali ci è stato tramandato il nome dell’autore: l’architetto Lanfranco.
Questa cosa che oggi può sembrare scontata all’epoca non lo era assolutamente. Anzi, la lotta per l’emancipazione degli artisti era appena all’inizio e bisogna aspettare il Rinascimento per considerare gli architetti, i pittori e gli scultori come i depositari dell’idea progettuale oltre che i meri esecutori materiali.
Nell’epoca in cui opera Lanfranco, anche il progettista di maestose cattedrali è trattato alla stregua di un artigiano ma soprattutto non se ne ricorda mai il nome in quanto, spesso e volentieri, queste costruzioni sono il frutto di un sapere e di una maestria collettiva che vede impegnata l’intera comunità.
Nel Duomo di Modena viene fatto un passo avanti significativo. Le testimonianze materiche oltre al nome dell’architetto ci raccontano che egli è l’artefice intellettuale dell’opera e che allo stesso tempo dirige con maestria il cantiere non lasciando nulla al caso.
Magister Lanfranco: le testimonianze storiche
Ma dove è possibile leggera ancora oggi il nome di Lanfranco?
Sostanzialmente in due testimonianze materiche arrivate integre ai giorni nostri.
La prima è la lapide posta all’esterno dell’abside del duomo (la stessa della data di costruzione) in cui si può leggere che:
“Ingenio clarus Lanfracus doctus et aptus, est operis princeps huius, rectorque magister”
La traduzione – che vale anche per me – suona così: Lanfranco famoso per l’ingegno dotto e abile, supremo fautore di quest’opera, rettore e maestro.
Questa iscrizione è davvero formidabile: l’architetto è definito come supremo fautore del Duomo di Modena e l’intera comunità modenese gli riconosce l’ingegno progettuale e gli tributa tutti gli onori del caso.
La seconda testimonianza in cui ricorre il nome del progettista si ritrova nella Relatio, il codice medievale conservato presso l’Archivio Capitolare di Modena a cui abbiamo già accennato prima.
Qui Lanfranco è raffigurato per ben due volte.
Nel riquadro superiore della pagina, Lanfranco dirige lo scavo delle fondamenta dando indicazioni ai manovali intenti ad eseguire le operazioni di sterro. Nel riquadro inferiore il progettista soprintende alla messa in opera dei muri mentre altri operai trasportano il materiale da costruzione.
In entrambe le raffigurazioni, Lanfranco appare sulla sinistra più grande degli altri personaggi con un elegante cappello ed una veste raffinata.
Ed è proprio in questa miniatura che l’architetto viene definito: “mirabilis artifex, mirificus edificator”.
Lo sculptor Wiligelmo
Ma le sorprese riservate dal Duomo di Modena non terminano qui.
Accanto alla figura dell’artifex architettonico, la storia ci ha tramandato anche quella altrettanto mitica dello sculptor Wiligelmo.
Si tratta di un artista la cui figura è avvolta nel mistero perché, se si esclude il fatto che fu attivo in area emiliana tra la fine del XI secolo e l’inizio del XII secolo, ancora oggi non sappiamo nemmeno la giusta scrittura del nome.
Wiligelmo, in base ad una presunta origine nordica dell’artista o forse Vuiligelmo, più corretta se l’artista avesse avuto origine italiche.
Ancora una volta, è merito di una lapide se oggi conosciamo la figura di questo mirabile artista, autore delle eccelse sculture di cui ti parlerò a breve.
Nella facciata è presente una epigrafe commemorativa della fondazione del Duomo di Modena sorretta dalle figure dei patriarchi Enoc ed Elia. In calce a questa epigrafe viene riportata la seguente scritta: “Inter scultores quanto sis dignus onore claret scultura nunc Wiligelme tua” e cioè: di quanto onore tu sia degno tra gli scultori, Wiligelmo, risulta ora chiaro grazie alla tua scultura.
Anche per Wiligelmo, si assiste allo stesso processo di esaltazione delle capacità artistiche ed intellettuali che abbiamo già sperimentato nelle dediche all’architetto Lanfranco.
Lo scultore esce dall’anonimato e con la sua personalità scolpisce uno dei cicli scultorei più importanti del romanico italiano.
Il ciclo scultoreo della Genesi
Sappiamo che Wiligelmo fu autore dell’’intera decorazione scultorea del Duomo di Modena e realizzò inoltre l’altare, il pulpito ed il pontile (il parapetto del presbiterio).
Proprio dal pontile, sono state prelevate le quattro lastre di marmo raffiguranti storie tratte dalla Genesi ed oggi collocate sulla facciata della chiesa.
Particolarmente interessanti, e anche meglio conservati, sono i bassorilievi della prima lastra – raffiguranti da sinistra verso destra:
- Dio Creatore,
- la creazione di Adamo,
- la creazione di Eva,
- e il peccato originale.
La ieraticità e la fissità dei mosaici bizantini è stata abbandonata per sempre e anche se la realtà raffigurata da Wiligelmo è lontana dal mondo naturale, i suoi personaggi sono comunque raffigurati in un ambiente riconoscibile e ben saldi nello spazio.
Sicuramente, nelle sculture di Wiligelmo si sente più forte l’influenza della scultura romana che egli aveva potuto sperimentare direttamente nello studio dei sarcofagi di età classica che abbondavano nella città di Modena.

Gli artisti in scena
L’epopea del Duomo di Modena segna l’inizio di una rivoluzione culturale tesa all’autonomia e all’emancipazione degli artisti.
Si tratta di un percorso lungo e tortuoso che inizierà a produrre i suoi frutti solo molto più tardi quando nel tardo Rinascimento alcuni artisti raggiungeranno una fama ed una ricchezza mai visti prima.
Ma nel Duomo di Modena si fa la storia perché questa opera mirabile ci ha tramandato i nomi e le figure dei suoi massimi artefici, l’architetto Lanfranco e lo scultore Wiligelmo.
Possiamo immaginare i due grandi artisti nel tempo mitico del Medioevo lavorare fianco a fianco, discutere di progetti e sistemazioni mentre le mura della chiesa venivano messa in opera e i fregi scultorei iniziavano a decorare le architetture… e la meraviglia totale balenava negli occhi della comunità cittadina che acclamava senza sosta i suoi artistici eroi.
La stessa meraviglia che si manifesta ai nostri occhi guardando oggi queste pietre vecchie di 1.000 anni.