LA BASILICA DI SANT’AMBROGIO, VUOLVINIO e il segreto dell’altare d’oro Le meraviglie dell’architettura romanica… ed un piccolo segreto

“Ma la fede cristiana, profondamente radicata negli uomini e nelle donne di quei secoli, non diede origine soltanto a capolavori della letteratura teologica, del pensiero e della fede. Essa ispirò anche una delle creazioni artistiche più elevate della civiltà universale: le cattedrali, vera gloria del Medioevo cristiano. Infatti, per circa tre secoli, a partire dal principio del secolo XI si assistette in Europa a un fervore artistico straordinario”

In questo articolo cercherò di farti assaporare il gusto mitico di uno dei capolavori assoluti dell’architettura romanica in Italia:

  • la Basilica di Sant’Ambrogio a Milano

e alla fine dell’articolo ti svelerò un piccolo ma prezioso segreto nascosto all’interno di questa mirabile chiesa.

Un segreto che solo un attento osservatore avrà la cura di scovare… leggi l’articolo fino in fondo per scoprirlo insieme a me.

L’ABC dell’architettura romanica

Prima di addentrarci nelle meraviglie della Basilica milanese, voglio descriverti brevemente i tratti distintivi dell’architettura romanica.

Questo stile si afferma nel secolo XI, dapprima in Francia e poi in nelle diverse regioni europee con le dovute differenze e declinazioni territoriali.

Una grande forza propulsiva alla diffusione del romanico fu data dalla spinta riformatrice degli ordini monastici; un ruolo di primo piano lo svolsero soprattutto i benedettini con le abbazie di Cluny in Francia e di Montecassino in Italia.

In modo molto simile ai sistemi costruttivi odierni, ci sono degli elementi che unificano lo stile romanico e che si possono ritrovare sovente negli edifici e nelle chiese sparse per il vecchio continente.

La caratteristica costruttiva principale dello stile romanico è:

Brevemente, una volta a crociera è generata da due volte a botte uguali che si intersecano nella parte centrale.

Si tratta di un sistema di copertura in muratura che va a sostituire le capriate in legno: se la volta è in muratura, i pilastri che reggono la volta devono essere necessariamente più massicci proprio per sostenere un peso maggiore.

In base all’adozione sistematica di questo tipo di copertura, che era conosciuta da sempre ma si diffonde con forza solo in questo periodo, i tratti dell’architettura romanica sono marcatamente compatti:

  • elementi costruttivi spessi e robusti
  • pilastri massicci
  • volte e coperture in muratura

Questi elementi si accompagnano con l’utilizzo di finestre molto piccole se paragonate alla vastità degli ambienti: da qui deriva la scarsa illuminazione interna tipica delle chiese romaniche medievali, particolare che ne esalta il senso di mistero e sacralità.

Sant’Ambrogio: il romanico si fa lombardo

Lo stile dell’Europa medievale si propaga con forza anche in Italia.

Forse per la vicinanza geografica con la Francia, l’area della pianura padana risente maggiormente dell’influsso romanico: sui manuali si parla sovente di romanico lombardo… e la basilica di Sant’Ambrogio a Milano è una delle prime e più clamorose testimonianze di questo stile in questo territorio.

La basilica, oggi dedicata al santo protettore di Milano, accompagna con le sue ricostruzioni e rifacimenti la storia del capoluogo lombardo dal IV secolo d.C. ai giorni nostri.

La chiesa originaria fu iniziata proprio per volere del vescovo Ambrogio negli ultimi decenni del IV secolo d.C. Il posto dove sorse la basilica coincideva con il sepolcro dei martiri Gervasio e Protasio. Una volta morto Ambrogio nel 397 d.C., la basilica accolse anche le spoglie mortali del nuovo santo.

Nel secolo VIII d.C., l’arcivescovo Pietro fondò lì accanto un monastero benedettino: a questa epoca risale un primo importante rifacimento dell’assetto della chiesa.

Sul finire del secolo XI, la basilica venne quasi completamente ricostruita con le forme proprie del nuovo stile romanico e in particolar modo di quello di area lombarda.

Nel 1196 un crollo di notevoli dimensioni danneggiò pesantemente la struttura; nei secoli successivi la basilica fu oggetto di ulteriori e innumerevoli cantieri. Alla fine – siamo giunti nella seconda metà del 1800 – si decide di far piazza pulita delle superfetazioni aggiunte dopo il periodo romanico e di ricostruire, con qualche licenza di troppo, l’immagine della basilica come doveva apparire prima del crollo dell’anno 1196.

Sant’Ambrogio: un’architettura possente

Oggi, Sant’Ambrogio con le sue mura massicce e il tipico colore rosso-bruno, si annuncia al visitatore come una macchina architettonica calma e possente dove si possono ritrovare condensate tutte le peculiarità tipiche del romanico.

La facciata con tetto a capanna e a doppio ordine di arcate è affiancata da due possenti campanili ed è preceduta da un ampio quadriportico, elemento tipico di molta architettura sacra di epoca paleo-cristiana e medievale. Il quadriportico aveva la funzione di accogliere coloro che non potevano assistere alle manifestazioni religiose – i non battezzati – oppure veniva utilizzato come centro civico di raccolta della comunità per svolgervi riunioni e dibattiti.

Penetrando all’interno della basilica, appaiono tre navate terminanti con absidi. Le navate laterali sono coperte con volte a crociera e sormontate dai matronei, gli spazi dedicati ad accogliere le donne durante le funzioni religiose.

La navata centrale, larga il doppio di quelle laterali, è scandita da quattro campate: partendo dall’ingresso, le prime tre sono coperte con volte a crociera, mentre sulla quarta campata – che coincide con il presbiterio – si innesta la cupola inserita a sua volta all’interno di un tiburio ottagonale.

Scendendo ai lati del presbiterio si accede alla cripta, che custodisce l’arca dei santi patroni, con le spoglie mortali di Sant’Ambrogio e dei martiri Gervasio e Protasio.

Al di sopra della cripta, sempre nell’area del presbiterio e sotto la cupola, svetta il maestoso ciborio: con questo termine si indica una struttura – in genere su quattro colonne e copertura – che sovrasta l’altare principale.

Quello presente in basilica, è uno splendido esempio del secolo IX d.C., risale quindi all’epoca della seconda ricostruzione della chiesa. E’ riconducibile all’arte e alla manifattura di epoca ottoniana ed è costituito da quattro colonne di porfido ed altrettanti capitelli in marmo.

Lo scrigno segreto

Dopo aver ammirato le possenti mura esterne e dopo aver osservato la geometrica partizione interna della basilica, siamo arrivati al cospetto del prezioso segreto contenuto in Sant’Ambrogio.

Sto per svelarti le meraviglie di quello che è un vero e proprio scrigno di tesori:

  • il celeberrimo Altare d’oro.

L’altare, realizzato intorno all’anno 850 d.C., nasce come un enorme reliquario perché concepito per essere l’urna che doveva ospitare i resti mortali di Sant’Ambrogio, che sono invece conservati nella cripta sottostante.

E’ uno sfolgorio totale di lucentezza e di elementi preziosi: è in legno, ma interamente rivestito di lamine d’oro, di argento, di argento dorato con pietre e gemme incastonate. Ti trovi di fronte, ad uno dei massimi esempi dell’arte e dell’oreficeria di età carolingia, una mitica epoca dell’alto medioevo che precede di circa 200 anni lo stile romanico.

La parte anteriore – quella esposta verso l’assemblea dei fedeli – è suddivisa in tre scomparti: quello centrale è caratterizzato da un disegno a croce dominato in mezzo dalla figura di Cristo, mentre i bracci della croce accolgono le figure allegoriche dei quattro Evangelisti. Nelle quattro formelle di risulta sono rappresentati tre Apostoli per ciascun spazio.

Questa opera magistrale e sfavillante nasconde un piccolo segreto sul lato posteriore, quello rivolto verso il clero. Andiamo a scoprirlo insieme.

La parte posteriore è a sua volta suddivisa in tre parti.

Sulle formelle laterali sono raffigurate scene tratte dalla vita di Sant’Ambrogio mentre quella centrale presenta quattro tondi.

Nei tondi superiori sono riportate le immagini sacre degli Arcangeli Michele e Gabriele.

Nel tondo in basso a sinistra compare il vescovo Angilberto II che, con il modellino della chiesa in mano, viene incoronato e benedetto da Ambrogio.

E il nostro piccolo segreto si trova nel tondo in basso a destra…

Eccoci giunti finalmente al minuscolo particolare che rende unico questo altare: nel tondo in basso a destra, sempre Sant’Ambrogio benedice ed incorona Vuolvinio.

Ora ti starai chiedendo: ma Vuolvinio chi sarà mai?

Vuolvinio è semplicemente l’autore, l’orafo e l’artista di questo preziosissimo scrigno d’arte.

Siamo di fronte ad un evento eccezionale nella storia dell’arte: fin dall’epoca classica mai nessun artista aveva lasciato la sua firma diretta su un’opera d’arte, per di più in maniera così eclatante.

Dopo secoli e secoli di artisti anonimi e almeno duecento anni prima dei grandi nomi dell’età romanica, Vuolvinio con una semplice ma fondamentale formella rivendica la propria dignità di artista e di intellettuale e, al cospetto di Sant’Ambrogio, si definisce per sempre – come recita l’incisione – “Magister Phaber”.

Altare d'oro Vuolvinio
Vuolvinio Magister Phaber#google images
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“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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